Ci offre lo spunto la Bibbia che, nella Gen&'i, racconta il diluvio universale e fa coincidere il per dono divino con il ramoscello di ulivo portato dalla colomba e la rinascita dell'umanità con le pratiche agricole, di cui il primo simbolo è la vigna piantata da Noè una volta uscito dall'Arca. il vino è all'origine dello scandalo che il Patriarca dà ai suoi figli con la conseguente maledizione. Lo spiacevole incidente non offusca però i meriti del vino e del suo inventore anzi, il racconto biblico sembra coincidere con la presunzione storica delle origini della viticoltura. E poi sempre la Bibbia stabilisce regole di comportamento in materia di vigneti. Le lodi del Cantico dàcantici preludono alla sublimazione cristiana dell'Eucarestia. Si suoI dire in effetti che la coltura della vite sia presumibilmente nata nell'alta Mesopotamia, diffondendosi poi a tutto il bacino del Mediterraneo e ciò può corrispondere al racconto biblico post diluviano o può essere dimostrato dalle asser,do ni di alcuni studiosi che ripartono dalle testimonianze dell'età neolitica e poi del ferro per ribadire con certezza, attraverso i reperti archeologici, la produzione del vino nella regione del monte Ararat ossia fra iran, Turchia e Annenia a partire dal IV millennio a.c. Di pari passo però, è più che legittimo ritenere che altri popoli abbiano a loro volta e indipendentemente coltivato vigne e prodotto vino in altri luogl1i. Per esempio in Egitto, sempre nel IV millennio a.C. certe raffigurazioni nelle decorazioni tombali delle più antiche dinastie faraoniche raffigurano vendemmie, opere di vinificazione, insomma ]a presenza del vino considerato dono di Osiride (l'importante divinità egizia che personificava il ritmo della vegetazione che muore e rinasce) e che già veniva distribuito nelle cerimonie religiose e propinato abitualmente a guenieri e sacerdoti. In Grecia i poemi omerici testimoniano ampia mente la presenza e l'importanza del vino con i carichi di Nepente che dalla Tracia andavano a corroborare gli assedianti di Troia. O ancora col racconto dell'avventura di Odisseo che si salvò dalle voglie cannibaliche del gigante l'olifemo propinandogli puro un vino che, secondo le usanze dell'epoca, avrebbe dovuto essere allungato niente meno che in proporzione di 16 parti di acqua con una di vino. Sempre nei poemi omerici, troviamo citate, dieci e undici secoli a.C., denominazioni di origine collegate al pregio dei vini. La sacralità del vino emerge poi nel costume greco con il culto di Dioniso, figlio di Zeus, e col passaggio dai riti orgiastici alle feste campestri: il dio inventore dell'arte di produrre il vino venne celebrato con feste che associavano alla coltivazione della vite e alle fasi della viticoltura culti e sacrifici da cui prese corpo una delle massime espressioni culturali della civiltà greca: la tragedia e quindi il teatro. Riti e culti passarono dalla civiltà greca a quella romana dove trovarono un ambiente propizio. Infatti la coltivazione della vite era praticata già dalle popolazioni preromane ed era diffusa e tenuta in grande considerazione nella penisola italiana ai tempi degli Etruschi. Le più antiche norme di viticol tura d'autore latino risalgono a Marco Porzio Catone vissuto fra il II e il I secolo a.C. e a Marco Terenzio Varrone del I secolo a.C.; Publio Virgilio Marone, sempre nel t secolo a.C., dedicò un libro delle sue Georgiche alla viticoltura. Nel t secolo dell'era Cristiana, Lucio Giunio Moderato Columella redasse il suo celebre trattato sull'agricoltura, De Re Rtè,lica; Plinio il Vecchio si occupò di viti e di 'lini nella sua poderosa Natura/is J/istoria. In nome di Bacco, il dio della vite e del vino, gli eserciti romani diffusero nelle province imperiali la viticoltura, che dilagò a tal punto da indurre l'imperatore Domiziano, verso la fine del I secolo, a vietare nuovi impianti e a imporre l'estirpazione di vigneti stranieri che danneggiavano gli interessi dei viticoltori italiani. La tendenza s'invertì nel 111 secolo come fenomeno comune a parecchie attività mstiche trascurate in Italia per vari motivi politici e sociali e contemporaneamente sviluppate nelle province imperiali. Se all'origine la 'lite venne considerata una pianta sacra, specialmente in relazione al potere euforizzante del vino, questa enigmatica e dilettevole bevanda fu portata al massimo grado del suo carattere sacro dal Cristianesimo. La nuova religione ereditò le tradizioni dionisiache, le spurgò dei riferimenti materiali, erotici, legati alla forza fecondatrice della natura e al furore mistico collegato all'ebbrezza per manteneme ed elevame, a limiti sublimi, il significato sacrificate e il segno di comunione tra i fedeli. Per i cristiani il vino, sangue di Cristo, bevuto dapprima in comunione durante le agapi clandestine poi sull'altare dal sacerdote affidante, fu motivo di difeIJa e mantenimento delle vigne anche durante i secoli della decadenza dell'impero quando la viticoltura e l'enologia si praticarono soprattutto dai religiosi nelle terre appartenenti ai monasteri. È questo l'anello di congiunzione che conduce alla rinascita della viticoltura in Europa e in Italia, anch'essa collegata all'impero di Carlo Magno che prescrisse nei suoi Capitularia significative nonne sulla coltivazione della vite. Superato il successivo periodo feudale che raccolse le vigne attorno ai castelli e ai torchi dei signori, l'istituzione di nuovi contratti agrari portò al ripopolamento delle campagne e a un nuovo sviluppo dei vigneti; in Italia rifiorirono le viti nelle Cinque Terre, nei Castelli Romani. Il Ruralium Commodorum di Pier De' Crescenzi apre la via, nel XIV secolo, a un rinnovamento agrario e viticolo, non solo in Italia ma in rutta Europa, costituendo un primo trattato di ampelografia che già riconosce e cita vitigni come il NebbioIo, il Garganega, l'Albana, la Vernaccia. Lo sviluppo dei commerci e degli scambi conduce non solo a maggiori produzioni ma a ricerche, a scambi di vitigni e di cloni e persino a sciovinismi letterari come quello dell'''educatore dell'Europa", l'umanista Erasmo da Rotterdam, che all'inizio del i500 assegnava, al solo vino di Beaune il ruolo di confortevole ed euforizzante. D'altronde l'empirismo e la sperimentazione si stanno affinando, anche se ancora non se ne intravedono le basi scientifiche, con la doppia conseguenza della scoperta di vini speciali come quelli spumantizzati della Champagne o come quelli maderizzati di Porto, di Madera, di Malaga, di Xeres o di Marsala e d'altra parte anche dell'adozione di sofisticazioni meno grossolane che la semplice an~ nacquatura. Fra i paesi enoici, fenna restando la posizione importante dell'Italia, prende consistenza la Francia per la passione e la bravura tecnica dei suoi enologi. in Francia d'altronde si svilupperà lo studio che, nel XIX secolo, porterà a gettare le basi scientifiche dell'enologia per merito del chimico francese Louis Pasteur.